Il    Principe    della    risata    "T o T ò"

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Nell'elenco storico della nobiltà italiana,pubblicato dal Sovrano Militare Ordine di malta, si legge: Focas Angelo Flavio Ducas Comneno de Curtis di Bisanzio Gagliardi Antonio Giuseppe di Luigi Napoli, Principe Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero, Nobile Altezza Imperiale.
Dietro questa siepe di nomi si nasconde Totò, nato Antonio Clemente, di madre nubile. Venne al mondo il 15.2.1898, alle ore 7.30, in una Casa al 109 di Via S. Maria Antesaecula, Napoli.
Raccontava egli stesso: "Sono nato in rione Sanità, il più famoso di Napoli. Quel rione ha nome, in verità, Stella, e sta intorno alla Stazione, ma per le buone arie lo chiamano tutti Sanità. la domenica pomeriggio le famiglie napoletane usavano riunirsi nelle case dell'una o dell'altra, e là chi suonava la chitarra, chi diceva la poesia, e chi cantava. Erano riunioni per bene, niente pomiciamenti. I giovanotti guardavano le ragazze, gli tenevano la mano, siinnammoravano. Niente schifezze. E così si passava il tempo divagandosi. Io facevo scenette comiche, per gioco. Fu così che cominciai. Finchè mi presi la cotta per la sciantosa e mi buttai."


Totò fanciullo
Aveva 16 anni quando si buttò, esibendosi nell'imitazione del celebre fantasista Gustavo De Marco. Dalle riunioni di famiglia passò ai teatri, diventando un personaggio con lavoro stabile e redditizio. Prima c'erano stati interminabili anni di povertà, con la mamma che andava a servizio per mantenerlo. "Io so a memoria la miseria", diceva Totò, "...non si può essere un vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita".
In guerra con la vita Totò fu sempre. Nato senza padre, se lo prese con la forza. Era figlio di un incontro tra sua madre Anna e il marchesino Giuseppe de Curtis, rampolo poverissimo d'una famiglia di grandi tradizioni. Nel 1922, Totò andò a trovare il padre e gli disse:"Voi sposate la mamma, mi date il nome che mi spetta e io vi mantengo per tutta la vita". Così Antonio Clemente divenne Antonio de Curtis e in seguito, quasi a vole rafforzare la sua condizione nobiliare, diventerà anche Gagliardi, dal nome di un principe che lo adotterà. Totò aveva messo uno sbarramento di nomi e di titoli fra sè e la miseria.
Problemi economici non ne aveva più, la sua figura disossata, dai movimenti difficili e innaturali era famosa su tutti i palcoscenici. Aveva trasformato il suo volto, sfigurato, nel naso, da un pugno preso da ragazzo, in una maschera unica, dalla mascellasvitata come un pupazzo e gli occhi roteanti. Lontano dalle scene quegli occhi avevano lampi e languori affascinanti. Non poteva stare senza donne. Diceva: "Le amo troppo. Sarà perchè sono meridionale, sarà perchè odio gli uomini: ma le donne, secondo me, sono le cose più belle che ha inventato il Signore.

Liliana
Castagnola
Nel 1929 si innammorò di lui Liliana Castagnola, una vedette del varietà, per la quale fior di nobiluomini s'erano battuti a duello. Statuaria, raffinata, la "Femme fatale", che aveva gli uomini ai suoi piedi, voleva solo Totò. "Un tuo bacio è tutto" gli scriveva.
Si conobbero in dicembre; in febbraio, per Totò, la cosa era finita. Liliana (35 anni) reagì con l'intransigenza di una ragazzina: tutto o niente. E diede a Totò un addio definitivo: si uccise, il 4 marzo 1930.
Forse quel giorno morì dentro anche Antonio de Curtis, e sopravvisse solo una "maschera" plasmata su Pulcinella e "Pazzariello". Liliana non uscì mai dai suoi pensieri. Egli si legò, nel '31, con Diana Baldini Rogliani, giovane di buona famiglia, che sposerà nel '35, due anni dopo averne avuto una figlia, battezzata Liliana.

Diana
Rogliani
Quando già era veramente ricco, Totò si preparò al Pianto, il cimitero sulle alture di Napoli, una cappella di famiglia e volle che la castagnola vi riposasse per l'eternità.
Nel 1937 ilmatrimonio era già in crisi, per le troppe scappatelle dell'attore che era, nel frattempo, arrivato al cinema e non sapeva più da che parte girare gli occhi, circondato com'era da attrici e attricette bellissime.
il suo primo film si chiamava "Fermo con le mani". In quello stesso 1937 una bambina israelita compiva sei anni (era nata il 1° febbraio 1931), si chiamava Franca Faldini.
Sullo schermo era circondato sempre da belle donne che corteggiava, mise gli occhi addosso, e non solo per esigenze di lavoro a Silvana Pampanini, pensando che fosse la donna giusta per sè. La corteggiò con discrezione e insistenza. ma la pampanini aveva 27 anni meno dilui. "principe sono onorata", fu infine la risposta: "Ma io sento di volervi bene come a un padre".

Silvana Pampanini
Totò ne soffrì moltissimo e si vendicò con grande stile, dedicando alla "maggiorata fisica" una celebre canzone, Malafemmina, che diceva: "femmena, tu sì 'cchiu bella femmena, te voglio bene e t'odio, nun te pozzo scordà".
E invece la scordò quell'anno stesso: gli capitò sott'occhio la copertina di un settimanale e rimase senza fiato.
C'era la foto di una deliziosa stellina. Lunghi capelli neri, occhi verdi e pelle dorata: era Franca Faldini, corteggiata dai produttori americani per la bellezza esotica. Aveva quasi l'età di sua figlia, ma Totò perse la testa per la fresca esuberanza di quella ragazza e ancor più fu preso quando la conobbe di persona, nel febbraio 1952. Per poterla incontrare si era fatto annunciare da fasci di fiori. la stessa Faldini racconterà più tardi che li accolse "come una variopinta seccatura. Non lo conoscevo di persona e le intrusioni degli estranei, anche se cortesi e profumate, mi infastidivano".

Franca Faldini
Abituata al mondo falso del cinema, la stellina scoprì al primo incontro che Totò era un uomo vero. Non lo amò subito, ma l'affetto maturò lento e sicuro, nella tenerezza di lunghi dialoghi. Lei non aveva solo la pelle fresca dei vent'anni ma anche una testa pensante e un caratterino pepato, tanto che lui la chiamava "Ravachol", dal nome di un anarchico francese, per il suo spirito di contraddizione e polemico. Un giorno le disse: "eppure vorrei vivere con te sera e mattina, e ogni ora della notte e del giorno". E lei non disse nè si nè no, ma non si lasciarono più.
Il 12 ottobre 1954 nacque Massenzio, desideratissimo figlio maschio. Fu una felicità di poche ore: il bambino morì nello stesso giorno. Quella tragedia li unì ancora di più e la loro relazione si dipanò solida, giorno dopo giorno, anno dopo anno: un'unione che fu a volte un paradiso, spesso un inferno, mai un limbo senza emozioni.
Nel cinema Totò lavorava al ritmo di cinque, sei fil all'anno, ma nella primavera del 1957 un'emorragia gli accecò l'occhio destro, costringendolo al buio per mesi interi perchè l'occhio sinistro era già cieco da quasi vent'anni. Riassorbita l'emorragia, la vista non gli tornò mai del tutto a posto.
"Bè, sempre meglio che niente è", disse a Franca, "Mi dispiace solo che mi manca il colore dei tuoi occhi, perchè quel che intravedo è come dietro un vetro appannato".
In quell'anno arrivò a un passo dalla rovina a causa delle cure costosissime: con Totò inattivo, il principe de Curtis si riduceva a un nobiluomo spiantato. Le cose si rimisero a posto quando Totò tornò in servizio, al ritmo dei tempi migliori. Ma ora l'attore appariva sfiduciato, gli sembravadi buttarsi via in film scadenti. I grandi registi lo snobbavano. Prima di Pasolini"Uccellacci e uccellini", solo Monicelli e Bolognini lo avevano fatto lavorare con loro. Ma l'incontro con Pasolini giunse tardi, nel 1966, appena in tempo per fargli ottenere quei pubblici riconoscimenti artistici ai quali Totò teneva.
Totò fu attore di straordinaria forza e umanità, il più grande dello spettacolo italiano. Molto prima dei critici, milioni di persone, divertendosi con le sue smorfie, avevano visto giusto.
Totò fu stroncato da attacco di cuore, all'alba del 15 aprile 1967.
le sue ultime parole furono: "Portatemi a Napoli". E poi rivolto alla Franca: "Sono stato bene assai con te".
Riposa sulle colline di Napoli, accanto a Massenzio e all'unico rimorso della sua vita: Liliana Castagnola.