La   Cucina   Napoletana


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Il primo libro italiano di cucina è stato scritto a Napoli all'inizio del Trecento, è un ricettario in latino, scritto per costruire intorno alla nuova corte francese di Napoli un nuovo costume anche sotto l'aspetto della cucina ed all'interno vi si trovano varie ricette che vengono da diverse corti, in prevalenza del costume francese e napoletano.
Cento anni dopo un altro libro, da uno scrittore anonimo, nel quale si alterna la lingua latina a quella italiana.
La cucina del Cinquecento a Napoli era in prevalenza composta da ingredienti composti da frutta e da verdura, la verdura più diffusa era il broccolo, il pesce era pregiato e abbondante e veniva preparato in modi diversi, le carni erano cucinate con prugne, agli e pinoli, uva passa, zucchero, mandorle, cannella.
Napoli era una grande città, che richiedava un imponente rifornimento quotidiano di cibarie.
La cucina napoletana si trasformò profondamente tra il Cinquecento e il Seicento.
Dall'America arrivarono anche a Napoli i pomodori, le patate, le melenzane, i peperoni, i fagioli, il cacao, il tacchino, questi sapori cambiarono la cucina napoletana e ne trasformarono la dominante agrodolce, subentrarono i profumi densi, le gelatine aromatiche, le carni rosse, i frutti gelati, la tavola barocca portò in tavola le carni dei cervi, dei cinghiali, dei daini, le prede delle cacce nobiliari dai sapori forti.
L'arrivo del cioccolato fu uno degli eventi che cambiò gradualmente i gusti europei e napoletani.
La difficoltà di rifornire di verdura e frutta una città che andava sempre via via crescendo contribuì a cambiare la cucina napoletana con l'introduzione dell'uso della pasta.
I napoletani erano detti mangiafoglie, per la loro cucina a base di verdura, con la diffusione della pasta furono detti mangiamaccheroni.
A Napoli, la pasta cominciò a essere lavorata con trafile molto varie, e con iltempo furono ideati le zite, i maltagliati, i pàccari, i perciatelli, i fusilli, gli spaghetti, i vermicelli, le linguine.
Molte salse furono inventate o adattate a questi tipi di paste, la salsa al pomodoro diventò in poco tempo la preferita, altre salse o condimenti prevedevano l'olio, l'aglio, il prezzemolo, l'origano, la cipolla, la carne, i frutti di mare, il pesce. Il pomodoro venne adattato anche alla pizza.
Il Settecento porto in tutta europa, compresa l'Italia ed il regno di Napoli la moda francese, caratterizzato da cibi delicati e dalle diete.
In pochi decenni presero nome francese alcune pietanze napoletane: ragù, gattò, crocchè, i cucinieri reali distribuivano le interiora al popolo e le donne che se le contendevano erano chiamate zandraglie.
Nell'Ottocento la cucina borghese individuava nella tradizione nobiliare e popolare alcuni piatti che diventavano la base di una nuova cucina napoletana e parte dell'immagine di Napoli.
I maccheroni, i fritti di mare, i polpi, il fritto misto erano venduti negli angoli di strada e nelle feste, le acque minerali fredde e il gelato erano anch'essi nel costume napoletano.
Nel 1833 Ferdinando II di Borbone inaugurava il primo stabilimento per la fabbricazione industriale della pasta, Napoli si avviava a diventare uno dei centri della produzione italiana delle paste.
Il Novecento è un secolo di profondi cambiamenti nella cucina napoletana, travolta, come molte cucine regionali, dai nuovi modi di mangiare delle metropoli, comunque, della cucina napoletana sono sopravvissuti diversi piatti che vanno considerati capolavori del gusto e sono gustabili soltanto nell'Italia del sud.